Continua a Roma la grande fuga a causa di un precariato inarrestabile e assenza di lavoro.

È sera, leggo un libro comprato in un negozietto dell’usato in via Scaldasole a Milano, in centro. Dopo giornate impiegate a mandare il mio curriculum e fissare colloqui, cercando di non pensare alla nostalgia di casa mia a Roma, decido di rilassarmi un po’.

La banda della culla

Arrivata a pagina 133 del mio nuovo acquisto “La banda della culla” di Francesca Fornario ecco che il relax è già terminato. «Nessuno resta a Roma. – leggo – Roma è diventata la notte in un motel lungo il viaggio della vita. Non c’è più lavoro e le uniche case abbordabili sono in una periferia così lontana e mal collegata che non è più la periferia della città ma il centro di qualche altra cosa, un centro senza centro distante anche due ore di autobus da piazza Navona. Pasquale teorizza che le cartine geografiche siano sbagliate. Non è possibile che si faccia prima ad arrivare dalla stazione Termini a Napoli che dalla stazione Termini a Labaro. Labaro non può essere lì dove sostengono quelli di Google Maps».

Lavoro a Roma

Chiudo il libro e mi metto a fare qualche ricerca riguardo le opportunità di lavoro nella Capitale. La situazione è rimasta così disastrosa come l’ho lasciata mesi fa? Ovviamente la risposta è affermativa. Nulla sembra essere cambiato. Dopo qualche articolo letto sul Corriere e sul Messaggero noto la domanda su Yahoo Answers: “Ma a Roma c’è lavoro?”. Una delle migliori risposte recita: “Se non sei un perito funebre hai poche speranze”.

Mamma Roma

È proprio Roma, mamma Roma, quella che culla i suoi lupacchiotti dalla nascita, quella che accoglie i giovani per farli studiare e sperare in un futuro, neanche migliore ma solo in un futuro, che spesso volta le spalle. Chiudono i negozi, le grandi aziende si accorpano, si trasferiscono, i cinesi si espandono, danno lavoro agli italiani, acquistano immobili che ristoratori devastati dalle tasse non possono più permettersi, i politici continuano a mangiarsi tutto, a nascondere verità evidenti e a far leva su una città e un Paese strizzati ormai fino al midollo.

Panta rei

E intanto i giovani, che ormai tanto giovani neanche sono più, rimangono a spasso. Dopo aver scalato tutto lo stivale, dal sud al centro, dalla Capitale a Milano (centro del lavoro?), non resta che puntare all’estero. Ed ecco che alla tv si ricomincia a parlare della fuga dei cervelli. Perché tanto quelli sono gli argomenti: inquinamento, immondizia, omicidi, droga e giovani che emigrano. Se ne parla. Ma tutto ci scivola addosso, domani è un altro giorno. Panta rei, tutto scorre, aveva ragione Eraclito.

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Testo e foto: Giulia Di Giovanni

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