Non a tutti è concesso entrare nei secret bar di Milano. In pochi infatti hanno questo privilegio

Bocca chiusa e occhi aperti. Questa è la chiave per entrare in uno degli esclusivi secret bar di Milano. Da New York a Berlino, passando per Londra e Parigi e infine l’immancabile approdo in Italia, nel capoluogo lombardo. La tendenza del momento è proprio quella di riuscire a farsi invitare in uno dei club segreti.

I circoli

Ma cosa sono e come funziona l’ingresso in questi locali? Per prima cosa c’è bisogno di una parola d’ordine. Stanley Kubrick in Eyes Wide Shut aveva immaginato che il termine top secret fosse “Fidelio”. Per Sergio Leone invece in C’era una volta in America i locali segreti diventavano scenari di tortura e contrabbando.

Speak Easy

Sono chiamati Speak Easy quei luoghi in cui, durante il proibizionismo americano degli anni ’20, veniva distribuito whisky sottobanco in tazze da tè o da latte per confondere le guardie in caso di sopralluoghi improvvisi.

Su questa impronta oggi viene dato libero spazio alla fantasia. E allora via con porte finte, accessi segreti, parole sussurrate, numeri di telefono misteriosi. Speak Easy appunto, parlare piano, per non destare sospetti, per non attirare l’attenzione e fare arrivare la voce all’esterno. Club in cui possono entrare solo i membri e, altri, conosciuti da tutti per la fama ma di cui pochi sanno l’indirizzo. Luoghi in cui è un piacere entrare, perché c’è un’atmosfera rilassata, in cui bere un drink in compagnia di una clientela selezionata diventa un lusso.

Dal 2018 al 1930

E allora se non vedete l’ora di essere catapultati negli anni ’20 e ’30, in locali dove il legno, le foto in bianco e nero, bretelle e collane di perle fanno da padrona, non vi resta altro che cercare di ricevere un invito. Come fare? Frequentare un giro di esperti bevitori di sicuro farà al caso vostro, per iniziare. Da lì poi sta a voi e alla vostra tenacia mista a un’irresistibile curiosità. Ma ricordate, una volta ricevuto l’indirizzo segreto… acqua, o drink, in bocca!

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Testo e foto: Giulia Di Giovanni

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