Quanti viaggi facciamo per la necessità di scappare, per scoprire nuovi mondi e cercare nuove opportunità?

Viaggi

Viaggiare per scappare. Viaggiare per connettersi. Due necessità opposte che alimentano costantemente la voglia di prenotare un volo o un treno. Staccare dal lavoro, allontanarsi dalle responsabilità, lasciare da parte la vita di tutti i giorni. Ma anche scoprire nuovi posti, paesi, culture, sperimentare e avventurarsi.

Vacanze

Desideriamo vivere come le persone del luogo, preferendo Airbnb ad un classico albergo. Vogliamo immergerci nella natura, convivere con essa, respirare aria buona, lontani dalle grandi metropoli. Ci piacciono i paesaggi, i luoghi inesplorati, il mare cristallino.

Poi, nel weekend, basta un goccio di troppo e lasciamo immondizia ovunque, bottiglie, buste di plastica, mozziconi di sigarette come fossero mangime per uccelli.

Mare e sport

Ci piace la Puglia, la Sardegna, la Sicilia, le Seychelles, le Mauritius, le calette deserte. Ma allo stesso tempo le spiagge affollate per esibire il nostro ultimo costume acquistato, l’abbronzatura dorata e il fenicottero gonfiabile posseduto per il 20% da under 10 e per l’80% da over 30.

Ci piacciono gli sport all’aria aperta, snorkeling, arrampicata, sci, snowboard, surf. Ci lamentiamo se l’acqua è sporca, la neve è poca e i sassi del terreno ci rovinano la tavola. Ci stupiamo quando a novembre andiamo ancora in giro a maniche corte in una giornata di sole. Se fa caldo fa troppo caldo. Se fa freddo fa troppo freddo. E allora via con condizionatori accesi giorno e notte e riscaldamenti che sembra di stare nelle serre. Del resto “il tempo è pazzo”.

Il rispetto

Curiamo le nostre case nuove in modo maniacale, poi la strada è la strada. Lasciamo le nostre città che sono diventate un porcile, poi andiamo a Oslo, a Copenaghen o Stoccolma e siamo le persone più educate, pulite e rispettose del mondo. Buttiamo tutti i rifiuti negli appositi cassonetti, siamo ordinati, chiediamo per favore, ringraziamo, lasciamo laute mance e sorridiamo.

Una settimana. Due al massimo. Poi torniamo a casa e nei bidoni dell’umido buttiamo i tappi di plastica, alimentiamo il mercato illegale, non facciamo scontrini perché le tasse sono troppe e poi “fanno tutti così”, ai referendum e alle elezioni non andiamo a votare. Ma ci piace prendercela con i politici di turno, con la mamma che da piccini ha dato più attenzioni al fratellino, con il ragazzo che ci ha mollate, il meteo che è brutto, il ritmo di vita insostenibile, il capo che ci dà troppo lavoro, la fretta, le bollette, i capelli bianchi. E allora litighiamo, mandiamo a quel paese chi ci capita a tiro, suoniamo il clacson peggio dei bambini a bordo delle loro Peg Perego Mini Moto.

Tre, quattro mesi. Poi prenotiamo i viaggi successivi. Torna la calma, l’amore per la famiglia o il compagno, l’armonia, l’altruismo, il rispetto per l’ambiente (estero).

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Testo e foto: Giulia Di Giovanni

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