Una giornata da non perdere per immergersi appieno nella genialità dell’artista francese Claude Monet.

La mostra

L’arte impressionista vola da Parigi a Roma. Non da sola, con suo padre: Claude-Oscar Monet. Fino al 3 giugno 2018 le più grandi opere del pittore francese sono infatti ospitate dal Complesso del Vittoriano a Roma. Un’occasione unica per immergersi nella vita variopinta dell’artista e per ammirare quelle tele conservate gelosamente nella sua ultima casa a Giverny, piccolo paese nella valle del fiume Senna a 80 chilometri da Parigi.

Sono circa 60 le opere provenienti dal Museo Marmottan Monet, donate da uno dei figli del grande pittore dopo la sua scomparsa, che oggi sono di passaggio per Roma.

Gli inizi

Ricordato dai più per i suoi quadri raffiguranti ninfee, Claude Monet però è molto altro. Giovanissimo e stanco di studiare, il pittore francese desidera solo far finalmente esplodere la sua vocazione artistica. È così che nell’estate del 1857, a soli 16 anni, decide di lasciare il college. Inizia da questo momento il decollo della sua carriera attraverso l’importante incontro con Eugène Boudin e le prime caricature ritraenti familiari e passanti. La mostra allestita al Vittoriano comincia infatti con una sala dedicata ai disegni dell’apprendista pittore. Nessun colore, solo linee di pastello nero su carta grigia.

Per fuggire alle pretese dei genitori che lo vogliono commesso nella drogheria di famiglia, nel 1861 Monet presta servizio militare in Algeria, paese che lo affascina molto. Durante il tempo libero, con il permesso dei suoi superiori, Claude sfama la sua voglia di conoscenza mettendosi alla prova, aiutato dalle luci di un paese per lui meraviglioso.

Le conoscenze di Monet

Il percorso museale prosegue con il suo rientro in Francia. Ci troviamo negli anni del Secondo Impero Francese e l’artista è sempre attento a non perdersi i maggiori eventi pittorici della Capitale. Ed è proprio nel 1863 che Parigi è sconvolta da “Colazioni sull’erba” di Edouard Manet, per la presenza di un nudo femminile nel dipinto. L’opera scatena un grande clamore proprio per il fatto che la donna presente nel quadro non è contestualizzabile a una figura storica o mitologica. Affascinato dall’audacia del collega, il giovane Claude decide di analizzare e assimilare la modernità di Manet, realizzando una serie di tele molto apprezzate dai critici dei Salon.

Il percorso museale prosegue immergendo il visitatore nel 1870, anno in cui Monet si trasferisce per un breve periodo in Normandia per poi tornare a Parigi un anno dopo. Qui ha l’occasione di approfondire una sincera amicizia con Pierre-Auguste Renoir e Jacob Pissarro durante l’età d’oro dell’Impressionismo. Sono anni felici passati a studiare e a dipingere la realtà metropolitana della Capitale. Finché il 1879 segna per sempre la vita di Claude con la morte della moglie Camille e, quattro anni più tardi, quella dell’amico Edouard Manet. Con il collega non muore solo una persona ma inizia lentamente a decadere l’intera corrente dell’Impressionismo. È proprio nel 1883 che Monet, sconvolto dai disastrosi avvenimenti degli ultimi anni, decide di trasferirsi nel pittorico villaggio di Giverny. Qui l’artista crea il suo meraviglioso giardino di cui poi dipinge ogni angolo.

I viaggi

Tra gli ultimi anni dell’800 e i primi del ‘900 Monet viaggia molto, spostandosi dalla Norvegia, passando per l’Inghilterra e finendo in Italia, a Venezia. La testimonianza dei suoi spostamenti per l’Europa è riprodotta in modo impeccabile nelle ampie sale del Vittoriano. Solo nel 1911 il noto pittore, ormai stanco, torna stabile a Giverny e non lascerà mai più il suo giardino in seguito alla morte della sua seconda moglie Alice e del figlio Jean. Da questo momento Claude comincia a dipingere incessantemente specchi d’acqua ricoperti da ninfee. Il piano superiore della mostra ospita varie tele di quest’epoca. Ossessionato dal suo giardino, Monet negli ultimi anni della sua vita crea tele su tele rappresentati roseti e fiori di loto. Così tante da decidere di regalarne 12 allo stato francese, ciascuna di circa quattro metri.

L’ultimo periodo

Provato, ormai anziano e colpito da una grave malattia agli occhi che non gli consente di distinguere bene i colori e di dipingere alla luce del sole, Claude però non si arrende. Realizza i suoi quadri all’alba e al tramonto, quando il sole è basso e gli dà meno fastidio. Le ultime sale della mostra sono proprio dedicate a questo periodo. I quadri cominciano a essere più vuoti, le pennellate non riempiono completamente la tela e il bianco risalta in modo maggiore. Monet combatte fino all’ultimo portando avanti la sua ragione di vita. Muore nel 1926 divorato in pochi mesi da un carcinoma polmonare, lasciando al mondo intero un’eredità artistica senza pari.

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Testo e foto: Giulia Di Giovanni

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