Ho ritrovato in un vecchio scatolone riposto sul soppalco, un’intervista a mia nonna riguardante i suoi ricordi sulla Seconda Guerra Mondiale.

Il soppalco

Un posto che adoro in casa, sia a Roma che a Milano, è il soppalco. È quel luogo in cui deposito qualunque cosa, oggetti, vestiti, vecchi libri, quaderni, ventilatori, sacchi a pelo, zaini. Di tutto. Ogni tanto però vengo pervasa dalla frenesia di mettere in ordine quell’ambiente così utile e indispensabile. È un po’ come lo stanzino di Monica nel telefilm Friends. La padrona di casa infatti è apparentemente una maniaca dell’ordine e del controllo, nulla è fuori posto nel suo appartamento, anche il divano è posizionato in maniera perfetta, né un centimetro più a sinistra, né un centimetro più indietro. Eppure, in quella stanza chiusa a chiave accanto al bagno si nasconde un ripostiglio pieno di cianfrusaglie accatastate l’una sull’altra. È così, abbiamo tutti il nostro luogo per ammassare roba inutilizzata in quel periodo.

Ricordi

Ed è proprio qui, seduta sul mio soppalco, che ritrovo in uno scatolone dei vecchi quaderni delle scuole medie. In uno di questi, recupero un foglio scritto al computer con un’intervista a mia nonna. Siamo nel 2002 e la nostra prof di italiano è proprio in gamba, oltre a insegnarci la materia, ci fa appassionare al teatro, ci fa fare numerosi lavori di gruppo molto creativi, tra cui questo. Si tratta di una specie di raccolta di vecchi ricordi sulla Seconda Guerra Mondiale. Non basta però aprire l’enciclopedia e scopiazzare, bisogna scrivere un vero e proprio racconto vissuto da qualcuno che conosciamo. E chi meglio di mia nonna per un’intervista?

Intervista a mia nonna

Nonna è nata nel 1924 in un paese in Abruzzo di nome Sante Marie, in provincia dell’Aquila. Adesso ha 78 anni, nel periodo della guerra ne aveva 18 e mi ha raccontato tanti aneddoti. A quell’epoca c’era molta miseria e, per acquistare un po’ di farina o di grano, si facevano scambi commerciali “della borsa nera”, con la biancheria. Per lavare i panni, si utilizzava la cenere bollita perché non c’era il sapone. Per sciacquarli, siccome non c’era l’acqua in casa, si doveva andare in un fosso circondato da pietre dove ci si inginocchiava per poterli lavare. Durante l’inverno ci si formava il ghiaccio, che bisognava rompere per raggiungere l’acqua; e per fare il sapone per lavarsi si facevano bollire le ossa e i grassi di scarto degli animali macellati.

Nel paese c’era un comando militare tedesco, per cui gli aerei Alleati effettuarono un bombardamento, durante il quale ci furono 22 vittime civili. Alcune persone erano fuggite dalla città di Avezzano cercando rifugio a Sante Marie dove purtroppo trovarono la morte, lo stesso giorno del loro arrivo, insieme alla nonna di mia nonna e ad altri parenti.

Quando si avvicinavano gli aerei al paese, suonava una sirena d’allarme, e tutti i paesani cercavano rifugio in aperta campagna. Un giorno la mamma di mia nonna aveva rimediato un po’ di farina gialla per fare la polenta e, mentre la stava cuocendo, suonò l’allarme e la lasciò nel paiolo. Il papà e il fratello della nonna tornarono indietro, incuranti del pericolo, e se la mangiarono tutta! La nonna, la mamma e la sorella che aspettavano con tanta fame di mangiarla, rimasero senza.

Anche comprare le scarpe era un problema perché non c’erano i soldi, allora il papà di nonna faceva con un pezzo di legno degli zoccoli, e nonna li rivestiva con delle cinghie.

Un giorno, per procurare un po’ di farina, nonna e sua mamma, andarono a piedi in un paese a venti chilometri di distanza e scambiarono due asciugamani tessuti a mano con due chili di farina. Anche il sale non si trovava e la nonna ne acquistò un pacco “al mercato nero”, ma non era sale comune, bensì sale inglese, che aveva un sapore orribile tanto da rendere immangiabile la minestra”.

Ricordi aggiuntivi

Ricordo anche che nonna mi racconta sempre che, le rare volte in cui avevano della cioccolata, sua mamma la nascondeva tra i materassi per non farla finire subito ai figli che ne erano ghiotti. A quell’epoca però era di uso comune l’utilizzo della naftalina tra i vestiti e anche nei materassi. Così, quando finalmente la mamma ogni tanto concedeva loro un pezzetto di cioccolato, sapeva totalmente di naftalina.

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Testo: Giulia Di Giovanni Foto: Mauro Di Giovanni

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